Chiesa Santa Maria Assunta

La costruzione nel nuovo sito iniziò nel 1756 e fu completata nel 1798, con materiali in parte provenienti dalla vecchia chiesa di S. Maria de Platea travolta dalle alluvioni del 1682 e 1753. Provengono dalla stessa chiesa, fra l’altro, lo stemma con corona in pietra in alto, dove leggesi: “MARIA ASSUMPTA EST – 1601” e i tre pezzi del bassorilievo in marmo (1507), al centro della facciata, raffiguranti la Vergine fra due angeli opera di Petrus Jofrida. All’interno si trovano parecchi dipinti del Tomasi, un pulpito in legno (1675) con intaglio a rilievo e otto pannelli raffiguranti i quattro evangelisti e quattro padri della chiesa, il tutto sorretto da un vecchio opera dello scultore locale Sebastiano Leone, un organo costruito nel 1778 da Giovanni Platania di Acireale per once 126 ed un’ altare ligneo intagliato, indorato e dipinto della Cappella della Madonna del Rosario (XVII secolo) opera dello scultore locale Sebastiano Leone e indorato da Giuseppe de Giovanni, l’altare di San Sebastiano con il quadro raffigurante il “Secondo Martirio” opera del pittore romano Cesare Porta (1902).

La chiesa raccoglie e conserva il patrimonio artistico di 5 secoli. La piazza, ora Piazza Duomo, si chiamava Carolina fino al 1848, anno in cui la statua del Re fu abbattuta durante la rivoluzione siciliana e fatta rotolare lungo la Via Pizzuti. (con scalpello è stata eliminata l’iscrizione, resta però leggibile nei riquadri in pietra alle due estremità della chiesa). Chiesa di rito latino dal 1416, (comprendiamo anche il periodo della vecchia chiesa di S. Maria de Platea) ingaggiò una lotta spesso rivelatasi funesta, con l’altra chiesa di S. Nicolò (di rito greco fino al 1502) per questioni di matriciato.

Accanto alla chiesa si eleva il campanile nel quale troneggia il campanone del peso di due tonnellate. È stato fuso nel 1552 dai maestri campanari oricensi Jeronimo Domenico e Antonino Garbatu. Per poterla azionare è necessaria la collaborazione di parecchi uomini che tirino le corde. È possibile sentire il melodioso suono della campana, soltanto dal primo al ventotto gennaio e durante la seconda domenica di maggio, periodi dei festeggiamenti in onore di S. Sebastiano, patrono di Tortorici.

Chiesa San Nicolò di Bari

Già esistente prima del 1400; ritenuta la più antica; fu praticato il rito greco fino al 1502. Nel 1663 per un cospicuo lascito di Don Matteo Calà, Commissario della Inquisizione della “Comarca” di Tortorici, fu eretta la Insigne Collegiata con un capitolo di tredici canonici. Parzialmente distrutta dall’alluvione del 1682, fu ricostruita nello stesso sito e fu completata nella parte esterna nel 1804, come da iscrizione sulla facciata. 

Chiesa ad una sola navata, era munita fino a poco tempo fa di ben 14 altari. Nell’altare centrale in legno sono custodite le reliquie di S. Nicolò di Mira. Nell’abside si conservano due tele del pittore locale, discepolo del celebre Giuseppe Tomasi, Francesco Napoli: “Circoncisione di Gesù” del 1713 e “San Nicolò di Mira” del 1684. Sulla parete destra, dove vi era la cappella (altare) delle “Anime del purgatorio”, rimane il bel dipinto del Tomasi raffigurante le “Anime del purgatorio” recentemente restaurato. Nella tela, in basso a destra, si nota una figura che sembra estranea a tutta l’impostazione del dipinto; Molto verosimilmente si tratta del ritratto dello stesso pittore. Sulla parete sinistra, in fondo si nota il dipinto “Vergine dolente” attribuito al Tomasi. Pregevole è l’altare della Madonna del Carmine con in basso paliotto in legno con nicchie; Colonne intrecciate in legno sostengono la nicchia entro cui si trova la statua della Madonna del Carmine col Bambino in braccio mentre in ginocchio vi sono due Santi carmelitani genuflessi, quest’opera è attribuibile allo scultore locale Sebastiano Leone, mentre l’indoratore potrebbe essere Giuseppe di Giovanni. Nel capolino l’Eterno Padre. Questa cappella era già attiva nel 1607. In posizione frontale, si trovano le statue intagliate in legno e decorate della Madonna, S. Giuseppe e il Bambino. Nel 1786 il Maestro Filippo Franchina realizza il soffitto per “tarì” (moneta del periodo) diciotto per ogni canna; Mentre il Maestro Raffaele Lavalli di Palermo per “oncie” (moneta del periodo) cinquantaquattro nel 1570, realizza il magnifico organo.

Chiesa San Francesco

La Chiesa di San Francesco o del Convento dei Frati Minori, Monumento Nazionale, ricostruita nel 1602 nell’attuale sito, vennero recuperati i materiali dalla Chiesa già esistente di Santa Maria Extra Moenia, come rende chiaro il soprapporta (che rappresenta il simbolo delle mani giunte dei francescani) nel quale si legge la data del 1432 e il nome dell’artista che lo scolpì (Gaspar de Ismiriglia). Il bel portale del ‘400 venne completato in epoca successiva e si nota la differenza di stile. Le porte laterali sono del 1686. Pregevole il portale laterale prospiciente il giardino di stile normanno-gotico, recuperato dalla precedente chiesa. 

Attaccati alla Chiesa: il campanile costruito nella stessa epoca e l’orologio meccanico verosimilmente del 1700. In prosieguo si notano i resti dell’ex convento, attivo fino al 1866, e l’ex chiostro di cui residua una sola colonna posta sul muro laterale, fronti stante la chiesa.

All’interno della chiesa, a tre navate, si notano otto colonne monolitiche lisce con archi a sesto acuto. Al centro l’altare maggiore costruito nel 1689 con un bel disegno nel capolino dell’Eterno Padre. Il pavimento dell’altare conserva ancora i mattoni di Valencia (1600) mentre il resto della chiesa ha il pavimento in rosso di S. Marco e pietra locale.  Nell’altare laterale a destra, si trova la statua in legno di S. Paolo del 1658, scolpita dall’artista locale Sebastiano Leone ed indorata da Giuseppe di Giovanni.

Nell’altare laterale a sinistra si trova il gruppo marmoreo di San Francesco e Frate Leone commissionato nel 1535 ad Antonello Gagini ed eseguito dai figli nel 1559.

Sulla parete laterale sinistra è affisso il seicentesco crocifisso; opera di Frate Umile di Petralia (al secolo: Giovan Francesco Pintorno).

Nella navata destra attualmente è riposto il fercolo (vara) del Santo patrono San Sebastiano, restaurato nel 2004. Dietro è visibile la statua di S. Cataldo antico patrono della città prima di S. Sebastiano. Parte del pavimento è stato realizzato con marmi di S. Marco ed il soffitto in legno, nel quale risaltano le figure di S. Antonino, S. Francesco e dell’Immacolata, è stato decorato dal celebre Giuseppe Tomasi nel 1600. 

Chiesa SS. Salvatore

Esistente in data anteriore al 1416, venne praticato il rito greco fino al 1502 quando passò al rito latino. Parrocchia, ebbe dal 1552 o anche prima, il privilegio delle funzioni della settimana Santa. Allagata di fango e sabbia dall’alluvione del 1682, rimase per circa due metri sotto il livello della piazza fino al 1935 data della sua ricostruzione, fatta secondo un progetto redatto dall’Architetto Pietro Franchina e tendente al rispetto dell’antico. Lo splendido altare centrale in legno è stato costruito da artigiani locali della scuola di Sebastiano Leone e custodisce la Madonna dell’Itria sostenuta da due basiliani.

Sulle pareti sono collocati alcuni dipinti del pittore Giuseppe Tomasi da Tortorici: “Lo Spasimo di Sicilia” (libera rielaborazione di Raffaello), “La trasfigurazione” (1668) opera firmata Joseph Thomasius pingebat, datata A. D. 1668, e riportato il nome del committente ritratto in basso a destra Rev. Sac. D. Dominici Primavera.  “Madonna con Bambino e S. Antonino e S. Felice di Cantalice” (1658), “Gesù e Maria” (1667), “Madonna col Bambino e S. Giovannino”, “Gesù davanti a Pilato”, “S. Gaetano da Tiene” è opera di Gaetano D’Angelo da Mineo 1871.

Al fondo della navata sinistra è riposto un pregiato organo costruito da Annibale Lo Bianco nel 1735. Sopra la tastiera si notano, graffiate nel legno, alcune date e nomi di presbiteri che l’hanno suonato. All’inizio della navata sinistra si trova il fonte battesimale con affrescati sulle pareti scorci del paesaggio di Tortorici, realizzati dai fratelli Villa. Da questa chiesa, la sera del venerdì Santo, parte la processione delle “Varette”, carica di suggestiva tragicità.

Chiesa della Annunciazione o Batìa

Chiesa della Annunciazione o Batia, così chiamata perché vi era annessa l’abbazia delle Clarisse per le fanciulle nobili, costruita nell’attuale sito nel 1757 per volere principalmente del Vescovo Gaetano Galbato. Sullo scudo in pietra sopra la porta vi è l’iscrizione in ricordo. Nella Chiesa si è celebrata la messa fino al 1963 quando, per fatiscenza, è stata chiusa al culto. Negli ultimi anni ’90 è stata recuperata ed adibita ad attività culturali. Caratteristica di questa struttura sono le due facciate speculari.

All’interno 5 statue dei Gagini di fine 400 e prima metà del 500; 3 statue lignee del 600 e 700 scolpite e dipinte da artigiani locali.